Il legislatore ha puntato ancora una volta sulla tracciabilità delle operazioni limitando l’uso del denaro contante. Con un emendamento introdotto nel corso dell’iter di approvazione della legge di bilancio 2018 si prevede che le retribuzioni spettanti ai lavoratori dipendenti debbano essere pagate esclusivamente con mezzi di pagamento in grado di assicurare la tracciabilità. In buona sostanza è stato previsto il divieto di utilizzo del denaro contante. L’emendamento è stato presentato ed approvato in Commissione lavoro. I pagamenti delle retribuzioni dovranno essere effettuati esclusivamente tramite banca, ufficio postale, con bonifico sul conto, oppure tramite strumenti di pagamento di tipo elettronico come, ad esempio, le carte ricaricabili. Dovrebbe essere consentito anche l’utilizzo dell’assegno bancario o circolare. La norma dovrebbe essere finalizzata ad impedire che il lavoratore incassi una paga inferiore rispetto a quella dichiarata.
La disposizione è completamente scollegata rispetto all’importo da pagare. Rimane quindi in vigore, in quanto si pone su di un piano diverso, il divieto di trasferire denaro contante a qualsiasi titolo per un importo pari o superiore a 3.000 euro. Questo divieto è previsto dall’art. 49 del D.Lgs n. 231/2007. L’obiettivo principale della nuova disposizione è quello di contrastare il comportamento di alcuni datori di lavoro che pagano retribuzioni inferiori rispetto a quelle risultanti dalla busta paga del dipendente. Si tratta, indubbiamente, di una disposizione in grado di contrastare i comportamenti irregolari. Tuttavia non si può avere certezza che il lavoratore dipendente dopo aver incassato l’intera somma ne restituisca una parte al datore di lavoro. Dovrebbero essere esclusi dall’ambito applicativo della nuova disposizione i datori di lavoro di collaboratori domestici, quali colf e badanti e le Pubbliche Amministrazioni.
In pratica, secondo la nuova disposizione, la firma della busta paga non costituirà più la prova dell’avvenuto pagamento degli stipendi. Nell’ipotesi di violazione potrebbe essere irrogata una sanzione amministrativa il cui importo potrebbe raggiungere anche 5.000 euro. In realtà la disposizione approvata dalla Commissione lavoro non è completamente nuova. Un disegno di legge risalente al 2013 già prevedeva il divieto dell’uso del denaro contante. In particolare, “I datori di lavoro o committenti corrispondono la retribuzione ai lavoratori, nonché ogni anticipo di essa, attraverso un istituto bancario o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: a) accredito diretto sul conto corrente del lavoratore; b) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale; c) emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato”.
Ora la previsione è stata riprodotta all’interno della legge di Bilancio e dovrebbe vedere la luce con l’approvazione definitiva. Si restringerà ancora una volta, quindi, l’uso del denaro contante senza la previsione di un tetto come previsto dalle disposizioni in materia di antiriciclaggio. Il perimetro applicativo della disposizione dovrebbe riguardare:
- tutti i rapporti di lavoro subordinato svolti alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (articolo 2094 codice civile), indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto;
- i rapporti di lavoro originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
- i contratti di lavoro instaurati, in qualsiasi forma, dalle cooperative con i propri soci (ai sensi della L.142/2001).
AUTORE: NICOLA FORTE
FISCALFOCUS.IT